Onorevoli Colleghi! - Il testo che qui si propone all'esame della Camera dei deputati riproduce la proposta di legge di iniziativa popolare per l'istituzione del reddito sociale minimo che, depositata presso la Corte di cassazione nel corso del 1998, raccolse circa 63.000 firme di cittadini, e fu pertanto depositata dal Comitato promotore presso la Camera dei deputati, il 7 dicembre 1999.
Si ritiene istituzionalmente produttivo sottoporre all'esame delle Camere una proposta di legge nata nella società italiana, e rispondente ad esigenze vivamente avvertite, affinché, nel confronto con altre iniziative legislative parlamentari, possa maturare una soluzione condivisa a un tema ormai ineludibile.
Il Comitato promotore della proposta di legge di iniziativa popolare era costituito dal CESTES, dalla rivista «Proteo», dall'Unione popolare, dall'Associazione progetto diritti, dal Centro sociale Intifada e da altre numerose realtà sociali dell'associazionismo e del sindacalismo di base, che dal 1997 ad oggi hanno costituito una rete nazionale di mobilitazione, di iniziativa politico-culturale e di confronto con le istituzioni. La proposta di legge nasce dall'elaborazione del CESTES, diretto dal professor Luciano Vasapollo.
Da più di venti anni è in atto un forte processo di finanziarizzazione dell'economia; processi di globalizzazione a connotati finanziari che perseguono la loro logica interna tendente alla massimizzazione dei profitti complessivi, attraverso incrementi di dividendi, interessi e capital gain, a scapito della remunerazione del fattore lavoro, dell'occupazione e delle condizioni di vita di tutti i lavoratori, occupati e non. Il risultato più immediato è l'aumento della disoccupazione che va assumendo sempre più carattere strutturale, incrementando la schiera dei precari, dei marginali, degli emarginati, della disoccupazione
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occulta, i disoccupati non ufficiali, «precarizzando» in tale modo la qualità generale della vita.
Si sottolinea che la previsione di un reddito sociale minimo vuole contrapporsi a queste tendenze attraverso la riqualificazione di tutti gli strumenti di protezione sociale e l'aumento dei livelli delle pensioni sociali e minime, unificando e rilanciando l'iniziativa dei nuovi soggetti del lavoro, del non lavoro, del lavoro negato, dai disoccupati, ai precari, ai pensionati, rafforzando nel contempo la capacità contrattuale della forza lavoro occupata.
Si è in una fase di passaggio epocale nella trasformazione delle modalità di sviluppo nel nostro Paese; una fase in cui si stanno velocemente affacciando sulla scena economico-sociale nuove soggettualità, nuove povertà e quindi nuove figure da riaggregare. È quindi a partire dalle nuove soggettualità del conflitto sociale che si può riorganizzare, secondo il Comitato promotore, l'unità di interessi del mondo del lavoro, la solidarietà e la forza che negli anni '60 e '70 la classe operaia si era data a partire dall'organizzazione in fabbrica.
Si propone così una iniziativa politica (che va portata a livello europeo) sulla salvaguardia e sulla rivendicazione di distribuzione a tutti i lavoratori, occupati e non, dell'intero spettante salario sociale prodotto, tralasciando le richieste assistenziali e ultraliberiste basate su rapporti e contrattualizzazioni individuali e sulle forme di elargizione caritatevole di «soccorso agli esclusi». La costruzione di un'Europa del lavoro e delle socio-compatibilità solidali ha bisogno di ridistribuire reddito e ricchezza attraverso un fisco che aumenti la massa dei contribuenti, contraendo l'evasione e l'elusione fiscale e contributiva, colpendo i capitali speculativi, i movimenti di capitale all'estero, tassando quei tipi e modalità di innovazione che provocano disoccupazione.
La proposta di legge prevede un importo del reddito sociale minimo di 8 mila euro annui (non soggetti a tassazione); i requisiti per l'accesso prevedono la regolare residenza in Italia da almeno due anni, l'iscrizione agli elenchi anagrafici previsti dall'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 442 del 2000 da almeno un anno, un reddito imponibile annuo percepito non superiore a 5 mila euro, e l'appartenenza a un nucleo familiare con reddito imponibile annuo non superiore a 25 mila euro in caso di nuclei composti da due persone, a 30 mila euro per nuclei di tre persone e, per ogni componente ulteriore, l'aumento di 4 mila euro per ciascuno. L'importo indicato del reddito sociale minimo va rivalutato annualmente in base agli indici ISTAT; è prevista inoltre la riduzione del 50 per cento dell'importo nell'ipotesi di svolgimento di attività lavorative che produce un reddito inferiore all'ammontare del reddito sociale minimo e la decadenza dal percepimento dello stesso nell'ipotesi in cui si ottenga un lavoro a tempo pieno; ciò permette di rivolgere tale istituto non solo ai disoccupati ma anche a coloro che svolgono lavoro precario, sottopagato o che hanno forme di sottoccupazione. Il periodo di fruizione del reddito sociale minimo deve essere calcolato ai fini pensionistici e prevede inoltre in favore di soggetti titolari di tale reddito forme di reddito indiretto e differito attraverso l'accesso gratuito ai servizi fondamentali (trasporti urbani, servizio sanitario, studi, eccetera) e il dimezzamento dei costi delle utenze relative alle forniture di gas, luce, acqua, telefono e rifiuti, oltre a un canone sociale per l'utilizzo degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Esiste, com'è ovvio, il problema dell'individuazione delle risorse necessarie per le spese derivanti dall'attuazione della presente proposta di legge, quantificate in circa 30 milioni di euro annui. Si propone di reperire tali risorse esclusivamente attraverso varie forme di tassazione sui capitali. Un terreno, infatti, praticabile, è quello di applicare una efficace imposta patrimoniale, di colpire le rendite finanziarie e i grandi patrimoni, di tassare realmente e uniformemente i guadagni in conto capitale (capital gain), di ridurre le agevolazioni e i trasferimenti alle imprese.
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Si tratta di reperire, quindi, le risorse finanziarie per l'istituzione del reddito sociale minimo non dalla fiscalità generale, ma dalla tassazione dei capitali, anche attraverso serie ed efficaci iniziative contro l'evasione e l'elusione fiscali, da forme di tassazione del margine operativo lordo realizzato dall'attività produttiva delle imprese private e da modalità di tassazione della speculazione finanziaria, anche in forma di una Tobin tax finalizzata alle prestazioni sociali per la povertà, per la disoccupazione nonché per creare nuovi posti di lavoro a pieno salario e pieni diritti. Sono tutte indicazioni che andranno naturalmente approfondite nel dibattito parlamentare.
La proposta di legge non mira ad inserire elementi di «assistenzialismo», ma si muove nell'ambito delle diverse battaglie per la piena e buona occupazione, a partire dalla constatazione che la politica legislativa negli ultimi anni, tendente alla flessibilizzazione e alla precarizzazione dei rapporti di lavoro, non ha portato a un incremento dei livelli occupazionali, e ha avuto anzi effetti negativi anche sul piano distributivo per il mondo del lavoro.
Nel momento in cui si discute del futuro dell'Europa, la proposta di legge costituisce anche un appello all'Europa sociale del lavoro per rivendicare il diritto al reddito sociale minimo per i disoccupati, gli inoccupati, i lavoratori precari, sottoccupati e sottopagati; una battaglia civile europea, in armonia con la previsione della Carta sociale europea, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, resa esecutiva dalla legge n. 30 del 1999, per il lavoro, per la dignità di ogni cittadino.
Si auspica che attraverso l'introduzione del reddito sociale minimo si avvii una nuova stagione di riforme con al centro il rafforzamento della protezione sociale complessiva, gli incrementi occupazionali con lavori a tempo pieno, a pieno salario, e diritti garantiti nonché la lotta alla disoccupazione e alla povertà in generale.
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